Quando in libreria i rappresentanti ci propongono una nuova uscita, lo fanno attraverso un copertinario.
Come dice la parole, il copertinario mostra quella che quasi certamente sarà la copertina del libro che uscirà e una sinossi grosso modo identica a quella che si troverà poi in quarta di copertina.
Prassi sempre più comune è però quella di enucleare i temi principali di cui tratta un libro.
Perché i libri, soprattutto da noi in Italia, si propongono prima di tutto attraverso il tema che trattano (il bullismo, l’accoglienza, la diversità) e solo in un secondo momento per la storia che raccontano.
Sono le regole del mercato, funziona così.
Per fortuna che poi quando i libri ci arrivano tra le mani possiamo toccarli, sfogliarli, leggerli…e capire che quei libri non sono solo quei temi.
Un buon libro non si riduce mai al tema che lo riassume.
Un buon libro si fonda su una buona storia.
La battaglia delle bambine, scritto da Simona Dolce e edito da Mondadori Libri per Ragazzi è un buon libro. Anzi, è un buonissimo libro.
Il sottotitolo di La battaglia delle bambine è “insieme contro la mafia”.
In effetti il libro è stato presentato sotto due punti di forza: la mafia e Letizia Battaglia.
Il primo punto non è una grande novità: a partire dallo splendido Per questo mi chiamo Giovanni di Luigi Garlando, la sezione attualità dei libri per ragazzi si è nutrita di numerosi titoli di argomento “mafie”.
Letizia Battaglia invece rappresenta una novità.
Le celebre fotografa di fama internazionale e di nascita palermitana non è mai stata raccontata ai ragazzi.
Qui qualche info su Letizia Battaglia.
Stando a queste poche informazioni che ci sono servite a prenotare il libro, mi ero fatta due aspettative: 1. 1. l’ennesimo libro che racconta in maniera epica ed eroica un fatto di attualità;
2. che strizza l’occhio al femminismo coinvolgendo la figura di una “bambina ribelle” come Letizia Battaglia.
Invece no.
La battaglia delle bambine è un libro che ci trascina in una storia vera.
Ci tira fuori di casa, ci porta nelle assolate strade di Palermo a vivere l’infanzia, quella vera e autentica fatta di amicizie, di bande, di battaglie e di scoperte.
E intorno a questa vita vera, questa infanzia di strada vista tante volte (e mai abbastanza!) nei migliori libri di letteratura per ragazzi, si svolgono fatti di attualità.
Prende corpo la mafia, la sua omertà e la lotta dell’onesta che le si contrappone.
Si danno nomi a paure e si guarda in faccia, con tutta la curiosità e la potenza di uno sguardo bambino che sta crescendo in fretta, il mondo diviso in fazioni.
Consci che manca poco tempo, troppo poco, al momento in cui bisognerà decidere da che parte stare.
Che le fazioni degli adulti non sono le fazioni che si fronteggiano a 11 anni dai due lati di una strada.
Intorno a questa vita di bambini (che ricordano i bambini di Astrid Lindgren o quei classici ragazzi che scorrazzavano nella via Pàl) si muove furtiva una figura.
Una donna con la frangetta, la macchina fotografica al collo, il sorriso sfuggente illuminato da una sigaretta.
Compare pochissimo Letizia Battaglia, ma compare per scattare le foto di quelle bambine, per dare loro un volto e collocarlo nella Storia mentre una brava scrittrice cuce sui loro volti una storia inventata, finta ma realistica ed emozionante.
Le foto, alcune in particolare, sono famosissime.
Agnese, Marialuce, Aurora, Elda e Marina.
Hanno tutte quasi la stessa età, vivono tutte a Palermo e si incontrano per caso uno dei primi giorni di settembre del 1991.
Libero Grassi, imprenditore della Sigma, è stato da poco assassinato dalla mafia per essersi opposto al pizzo.
La notizia è entrata in tutte le case delle cinque protagoniste, accolta e commentata in modi diversi.
Perché diversi sono i mondi (e le estrazioni sociali) delle cinque ragazzine.
Palermo è così: sotto quel sole e illuminate da quella luce coesistono in pochi metri miseria e nobiltà, onestà e oscurità.
In quella manciata di giorni che per un undicenne rappresentano la fine dell’estate (i primi giorni di settembre, prima che ricominci la scuola, sono così), le cinque bambine si conoscono, diventano amiche, formano una banda.
E se la loro prima lotta le vede unite contro “la banda dei maschi”, gradassi che le infastidiscono e che poi si riveleranno essere più fragili e deboli lontano dal branco, alla fine del libro maschi e femmine uniscono una forza in una battaglia vera, più grande e più importante.
Le bambine assistono infatti casualmente all’omicidio di un commerciante che non vuole pagare il pizzo.
Uno dei sicari vede in faccia Marialuce e la bambina sa di non avere scampo.
Unendo però le loro forze, maschi e femmine tramano un piano di battaglia (battaglia è un gioco di parole che si rincorrono sino alla fine) per riuscire a incastrare quest’uomo. Riuscendoci.
Mentre tutto intorno qualcosa inizia a muoversi e a cambiare.
E Letizia Battaglia?
Come già detto, compare poco.
Ma non importa, perché anche se non presenzia, noi oggi possiamo leggere questa storia perché qualcuno ha visto le sue fotografie di bambine siciliane.
Le stesse fotografie che vediamo in fondo al libro.
In calce alla storia viene riportata una testimonianza di Letizia Battaglia, una sua nota biografica e il perché avesse fotografato le bambine siciliane.
E c’è una nota dell’autrice Simona Dolce che risponde a una domanda di Letizia Battaglia:
“Ma che importa delle foto in bianco e nero ai ragazzini?”
“Ai ragazzini importa tutto” dice l’autrice.
Lo sottoscrivo.
Dietro ad ogni foto c’è una storia, e se anche La battaglia delle bambine non è la vera storia delle bambine fotografate da Letizia Battaglia, è una storia Vera. E bellissima.
Che mostrandoci quelle quattro fotografie, ci racconta altrettante storie.
E che raccontando una pagina di cronaca, racconta la storia di un Paese che ancora deve essere scritta.
Questi sono i miei 5 motivi per cui questo libro deve essere letto.
- Perché in un panorama di libri per ragazzi che raccontano storie di attualità con fare epico e biografie di donne che sono state “le prime a…”, “le uniche a…”, “le sole a…”, La battaglia delle bambine racconta una storia VERA, nel senso di autentica. Di bambine comuni. Ci si insozza di terra insieme a loro, si temono le sgridate dei genitori, si avverte il senso di solitudine e poi di appartenenza a un gruppo. Si sente tutto sotto la pelle.
- L’unica vera figura che merita di essere ricordata come “il primo a…” è in realtà Libero Grassi, la cui notizia dell’uccisione da parte della mafia apre il libro. Andate a cercarvi qualche articolo: Libero Grassi è stato il primo a opporsi in maniera plateale al pagamento del pizzo.
- Perché la vicenda, e lo si scopre dopo, parte da quattro fotografie. E l’avvio di una storia a partire da una fotografia è il modo più affascinante per raccontare.
- Grazie alla presenza di una fotografa o della fotografia, si riesce finalmente a portare il genere del reportage in mano ai ragazzi. A partire da questo libro li si può avvicinare al lavoro dei grandi fotografi, all’epica del reportage, alla pratica di scandaglio della personalità del ritratto. Date allora loro uno strumento fotografico e apritevi ad altre storie.
- Perché alla fine, solo alla fine, questo è ANCHE un libro che parla di mafia ai ragazzi. E ragionando da libraia mi sento di dire oggi che La battaglia delle bambine potrebbe diventare a buon diritto il nuovo Per questo mi chiamo Giovanni.
Ed è il successo che io gli auguro.