L’estate scorsa questo blog andava online, in sordina.
Già da tempo lavoravo con gli insegnanti, diffondevo il verbo dei libri per ragazzi e cercavo di fornire loro un servizio personalizzato.
Stavolta su un blog e non solo offline.
Ad agosto postavo l’articolo Libri a scuola: come si usano? in cui davo qualche suggerimento per creare un’esperienza intorno al libro.
Per svecchiare un po’ la pratica di imporre un testo ed esigere la scheda di lettura.
La promozione alla lettura passa anche da una componente ludica e piacevole da costruire intorno ai libri.
Se la si limita a compiti e obblighi, non si va lontano.
Tra le proposte che facevo, riportavo dei suggerimenti già adottati da qualche insegnante con cui mi ero trovata a collaborare.
In particolare
Immaginatevi, in una scuola superiore ma anche alle medie, di far fare la scheda libro utilizzando soltanto lo smartphone. Io avevo fatto rappresentare un libro utilizzando snapchat. Ogni ragazzo potrebbe far sua la tecnica che preferisce, purché gli venga data la libertà di rappresentare ciò che il libro gli ha lasciato.
Se Harry Potter o Anna Karenina avessero avuto Instagram, cosa avrebbero fatto?
E se Lizzie Bennet avesse avuto youtube?
Era questo il mio punto di partenza, che puoi si può declinare in tanti modi diversi:
- (S)Punti di partenza letterari differenti, classici, moderni ma anche tra le ultime uscite
- Prospettive inedite e meno battute
- Lavori collettivi o individuali
- Supporti, app e device a scelta
Le modalità per proporre un lavoro di questo tipo sono tante e tutte interessanti.
Permettono di giocare con la lett(erat)ura mescolandola a strumenti che per i ragazzi sono ormai come l’aria.
Ma permette anche di mettersi in gioco con la scrittura, con la progettualità e con lo storytelling.
E ovviamente con la creatività.
Quando ho letto di recente gli articoli legati al progetto Eva’s Stories mi sono illuminata.
Questo il progetto, che tutti potete vedere seguendo le stories sull’omonimo profilo Instagram
L’idea era quella di raccontare, su Instagram, la vera storia di una delle tante vittime dello sterminio nazista. Così ecco nascere la pagina di Eva.stories. Che dal primo maggio racconta la vita, e la morte, di Eva Heyman, 13 anni, ebrea di Nagyvárad, Ungheria. Che ha raccontato in un diario la sua vita, a partire dal 13 febbraio del 1944 e fino al 30 maggio: tre giorni dopo Eva viene deportata ad Auschwitz e lì muore. Da quelle pagine ha tratto ispirazione Mati Kochavi, che insieme alla figlia ha dato vita al progetto: trasformare quelle parole in storie su Instagram. L’obbiettivo: raccontare anche ai più giovani, quelli che dell’Olocausto magari sanno meno, cosa è accaduto.
Molto interessante è anche l’articolo che il blog Libreriamo ha dedicato a Eva’s Stories.
Letta così ho pensato che finalmente, quella che per me era un’idea da poter declinare in luoghi e con finalità differenti, anche a qualcun’altro più in alto fosse venuta in mente la stessa cosa.
Solo che a lasciarmi perplessa è stato l’argomento.
Francamente mi lascia dei dubbi pensare a una ragazzina ebrea che in piene legge razziali si tagga.
Il basso profilo, necessario, dove finisce?
Riuscireste a pensare a Anna Frank che si geolocalizza nella soffitta di Amsterdam?
In realtà il principio di Eva’s Stories è leggermente diverso e a suo modo innovativo.
Eva’s Stories utilizza la piattaforma delle stories per fare uso di uno strumento differente da una normale videocamera.
Il racconto in presa diretta avviene come se fosse “in soggettiva”.
Proprio quella soggettiva, quella mancanza di filtro tra la volontà di “narrare alla maniera di” e ciò che realmente succede, crea un effetto di grande coinvolgimento.
https://www.youtube.com/watch?v=Fzw-04L5l28
Quindi Eva’s Stories è un passaggio successivo all’idea di fare il gioco “cosa succederebbe se il personaggio X avesse instagram/facebook”?
Qui abbiamo una commistione tra narrazione, cinema e social media.
Un passaggio che inevitabilmente, dopo la IG Tv, dopo gli spot, sarebbe arrivato sui nostri smartphone.
Il punto di connessione tra un innovativo utilizzo in classe degli strumenti social per la narrazione e l’idea che sottosta a Eva’s Stories è però sempre lo stesso: trasformare un fatto che sembra essere lontano da noi (un classico, un libro, un evento storico) rendendolo accessibile, per strumenti e linguaggi, al pubblico giovane.
Il bello di una storia è che può essere raccontata in modi impensabili.
Non mi occupo di cinema, ma mi occupo di creare esperienze originali intorno ai libri.
Mi sono divertita a pianificare laboratori e attività che permettono ai ragazzi di raccontare i libri in maniera innovativa.
E quindi: insegnanti, ma anche editori, che siete in lettura! Collaboriamo insieme: creiamo un nuovo modo di raccontare la letteratura.
Sono a disposizione per consulenze, collaborazioni, laboratori.