Ribes e rose è un albo illustrato della nuovissima casa editrice Marinoni Books, di cui ho parlato qui.
Il testo di Ribes e rose è di Enrica Borghi, mentre le raffinate e materiche illustrazioni sono di Cristina Amodeo.
Ribes e rose è un albo che ci riporta nel Giardino Segreto della nostra memoria affettiva.
La protagonista (il testo è narrato in prima persona) torna nel paese circondato dai monti e dal lago e varca la soglia dell’orto della nonna.
Sembra di sentire il silenzio cadenzato solo dai rumori della natura che si muove tra la discreta presenza umana.
Un’assonanza poetica come succede in Meriggiare pallido e assorto…
L’orto della nonna è il luogo preferito dell’infanzia di chi narra.
L’orto della nonna
era un fazzoletto di terra incantato,
racchiuso da muri di pietra
che a me sembravano altissimi,
ma non abbastanza da fermare
il soffio del vento, o il volo degli uccelli
Facciamo il primo passo nell’orto di Ribes e rose e vediamo la caotica geometria organizzata da chi ama la terra e i suoi frutti.
Di chi con sapienza
separava i profumi dei fiori dai profumi delle aromatiche.
Ma c’è un luogo ancora più intimo, un giardino segreto ancora più segreto.
Varcando una porticina, si entrava
in un secondo piccolo orto.
E’ qui, in questo cuore pulsante, che si annida la memoria affettiva che è fatta da sensazioni.
Tutti i sensi costruiscono il ricordo di noi, di chi eravamo, di cosa amavamo.
Sul muro di fondo, sopra la pietra scura, si appoggiano e si intrecciano Ribes e rose, in un ricamo di rosso e di giallo.
(Li vedete, i colori?)
Il profumo della rosa gialla è denso, il ribes è aspro.
(Li sentite, i sapori?)
E non si non ammirare tutta questa bellezza in silenzio, finchè un richiamo riporta indietro a quel tempo.
Risuona in me la voce della nonna.
La sua voce così calda.
Quella voce.
(Li sentite, i suoni?)
Ribes e rose è davvero un album di fotografie sensoriali che dal particolare dell’individuo che narra, si fa universale.
Tutti abbiamo un orto della memoria a cui fare ritorno.
Un luogo dove ci sono suoni, sapori, profumi.
E’ un luogo che custodisce una parte di noi serena, o forse malinconica, ma che è il giardino segreto del nostro io.
Uno dei miei professori di fotografia usava la metafora del segreto stretto forte dentro un pugno: schiudendo quel pugno, avremmo trovato la regione del nostro essere e del nostro fare.
In Ribes e rose torna questa immagina potente.
Oggi, lungo queste stradine,
in questi giardini nascosti, ho ritrovato
quel sapore, che stringo in pugno
come un gioiello prezioso.
L’accostamento di Ribes e rose a Il Giardino Segreto riesce immediato e se avete letto un po’ di saggistica per ragazzi non vi sarà sfuggito che la metafora del Giardino Segreto ha moltissime implicazioni emotive.
Mi piace collocare Ribes e rose in un percorso di fioritura e di sguardo alla natura come luogo dove ritrovare il ritmo vitale più consono all’individuo.
Una metafora che ha una doppia valenza.
Una è proprio la metafora del luogo nascosto da coltivare.
Fuori e dentro di noi.
Nel saggio Nel giardino segreto di Equilibri si prende il via dalla grandissima valenza metaforica dell’omonimo libro di Frances Hodgson Burnett, riconosciuto per questo già ai tempi della sua pubblicazione.
La storia de Il Giardino segreto la conosciamo e il giardino del titolo è quel luogo nascosto, incolto, un tempo fiorente, che la protagonista trova, nutre, riporta alla vita in un momento di grande aridità della sua esistenza.
Una volta scoperto il giardino segreto occultato per un decennio tra gli spazi del grande parco, Mary riuscirà, in questo luogo protetto, sottratto allo sguardo del mondo adulto, a coltivare la parte migliore nascosta dentro di sé […] prendersi cura di questo luogo abbandonato, facendo germogliare la vita nascosta…
Nel caso di Ribes e rose è la figura di una nonna a prendersi cura sia del piccolo orto, sia di chi lo osserva, lo annusa, lo assapora.
L’altra valenza è quella che vede la metafora della fioritura personale come molto attuale.
Il curare sé stessi come un giardino, come un orto, è un tema oggi molto in auge.
Forse la metafora è così potente perché presa a prestito da frasi motivazionali, da corsi e percorsi di crescita personale, dal rinnovato desiderio di rapporto con la natura scaturito dal tempo della pandemia.
Le illustrazioni di Cristina Amodeo
Ribes e rose è illustrato con una tecnica molto particolare: le illustrazioni sono infatti ritagli e sovrapposizioni di carta.
Carta scelta per il colore, per la materia, per la sensazione tattile che emana anche solo alla vita.
Carte che vengono ritagliate, sovrapposte, accostate e assemblate alla ricerca dell’armonia più profonda.
Mi sono innamorata dei lavori di Cristina Amodeo, sia per la bellezza sia per i contenuti.
L’illustratrice infatti si definisce una “botanica entusiasta”, caratteristica ben visibile anche nelle ultime pagine dell’albo, dove ci sono illustrazioni a matita dei fiori e dei frutti dell’orto con il loro nome scientifico.
Quest’ultima parte mi ha ricordato i risguardi di quel bellissimo albo dedicato all’orto dei nonni, dall’approccio meno emotivo, che è La vita segreta dell’orto di Gerda Muller (ne avevo parlato qui).
Qui potete vedere i lavori di Cristina Amodeo.
ribes e rose: Il testo critico di antonio perazzi
Gli albi illustrati meglio riusciti sono, secondo me, quelli che mettono sullo stesso piano pensiero, emozione, intenzione.
Ribes e rose è esattamente questo: obiettivo tripartito perseguito attraverso l’unione di tre diverse sensibilità.
Come detto infatti, Ribes e rose ha un’autrice, un’illustratrice e beneficia anche di un commento critico, che prende il via dalle suggestioni narrative, artistiche ed emotive per scavare a fondo nelle intenzioni dandoci un appagamento intellettuale.
Il commento di Ribes e rose è di Antonio Perazzi e si centra proprio sulla valenza dell’orto come luogo dove si “celebra il rapporto con le altre forme viventi” e dove si coltiva la sincerità.
Più banalmente, ed è il motivo per cui la metafora della fioritura ha così grande successo, è la grande lezione che la natura impartisce all’uomo.
Il ciclo della natura è fatto di equilibrio e di giusto tempo: non troppa attenzione, non troppo poca.
E ogni cose fiorisce a suo tempo, che lo si voglia oppure no.
Il titolo del commento di Perazzi è infatti Coltivare e coltivarsi.
Percorre l’immagine dell’orto nella sua identità ma anche nella sua simbologia, sia in rapporto alla natura che all’uomo.
frequentare la natura, coltivarla, serve a mantenere attenzione per l’attimo dell’esistenza.