L’incredibile famiglia Appenzel di Benjamin Lacombe ha risvegliato in me due passioni che in passato sono state anche un pezzettino di lavoro e studio.
In L’incredibile famiglia Appenzel di Benjamin Lacombe compaiono la fotografia storica e il mondo dei sidehow.
Ciò che amo dei lavori illustrati di Benjamin Lacombe, al di là dell’estetica e della tecnica in senso stretto, è il profondo lavoro di ricerca.
Si vede quanto Lacombe, di fronte ad ognuna delle sue opere, faccia un grandissimo lavoro di studio del contesto storico in cui ogni vicenda è ambientata.
Uno studio di storia, arte, estetica, costume, società.
Tre motivi e una speculazione per apprezzare L’incredibile famiglia Appenzel di Benjamin Lacombe
- L’incredibile famiglia Appenzel è un tributo alla storia della fotografia, come tecnica e come fenomeno di costume e società
- Come sottotesto in L’incredibile famiglia Appenzel di Benjamin Lacombe compare la figura del “diverso” che qui e là assume le suggestioni del mondo circense dei sideshow
- Il concetto di diverso trattato in una forma di grandissima delicatezza e originalità. La parola “diverso” non è mai pronunciata, è evocato solo il concetto di straordinario.
- Un rapporto metaletterario tra ciò che immaginiamo, ciò che vediamo, ciò che sappiamo
Il rapporto di L’incredibile famiglia Appenzel di Benjamin Lacombe con la fotografia
Benjamin Lacomb cita in particolare tre usanze della fotografia in voga tra la seconda metà dell’800 e la prima metà del ‘900.
- Gli album fotografici in pelle istoriata
- Le carte de visite
- La fotografia post mortem
Il libro si propone come un album fotografico a tutti gli effetti.
Un libro nero, che simula la pelle istoriata degli album fotografici di famiglia di inizio ‘900.
Album fotografici che all’interno avevano fogli in cartone neri su cui venivano incollate fotografie che, prima di essere in bianco e nero, avevano una coloritura vagamente seppia.
Spesso erano a loro volta montate su un passepartout (un supporto) di cartone su cui erano riportati il nome della persona ritratta e il nome del fotografo.
Questa tipologia di fotografia si chiamava Carte de visite, e qui trovate un interessante descrizione storica. Qui se invece parlate francese e se volete vedere una splendida carrellata di carte de visite originali.
A mostrarci questo album fotografico sui generis è l’ultimo membro de L’incredibile famiglia Appenzel.
Ad essere citati come modelli fotografici non sono soltanto il supporto dell’album e la carte de visite, ma anche la fotografia post mortem.
Se avete visto il film The Others, sapete di cosa si parla.
La pratica della fotografia post mortem non è soltanto la suggestione adatta ai film horror ma era una prassi realmente in voga
La fotografia post mortem è stata prerogativa solo di alcuni paesi, principalmente l’Inghilterra ma si sono avute testimonianza anche in Francia e Spagna.
Usanza che ai nostri occhi appare macabra.
Ma in epoca vittoriana, con un tasso di mortalità molto elevato e dove la fotografia era vista come un incredibile portento della tecnologia, rappresentava l’unico modo di avere una testimonianza del passaggio delle persone care nella nostra vita.
Soprattutto se le persone care erano bambini.
Qui un approfondimento della BBC.
Attenzione, è per stomaci forti.
Benjamin Lacombe cita la fotografia post mortem.
fotografia, prodigi e sideshow
Appare chiaro, man mano che si procede nella lettura di L’incredibile famiglia Appenzel di Benjamin Lacombe, che la famiglia Appenzel esula un po’ da ciò che si ritiene la “normalità”.
Nella parte testuale non si fa mai assolutamente riferimento al “diverso” o al “mostruoso” se non evocato attraverso il rapporto tra i membri della famiglia e il resto del mondo.
Sebbene sul concetto di mostruoso ci sarebbe da aprire una parentesi, cosa che ho già fatto qui.
Nell’etimologia del mostro è insito la meraviglia, come ben sapevano antenati che hanno creato i gabinetti di curiosità, i musei delle meraviglie e le wunderkammer.
MŌNSTRU(M) “PRODIGIO, PORTENTO” PROB. LEGATO AL VERBO MŌNERE “AMMONIRE.
LATINO ANCHE IL DERIVATO MŌNSTRUOSU(M), MENTRE “MOSTRUOSITÀ” È DI FORMA ITALIANA
Dalle foto vediamo quanto La famiglia Appenzel sia speciale.
Incredibile.
Uno degli utilizzi principali della fotografia carte de visite era quello di essere una sorta di biglietto da visita per gli artisti.
Inclusi gli artisti circensi.
Se cercate sui motori di ricerca le parole “carte de visite” e “sideshows” usciranno un sacco di famiglie Appenzel. Come qui.
O come la star nostrana Francesco Lentini, divenuto famoso nei Sideshow all’estero.
La Francia della seconda metà dell’Ottocento era una terra fiorente per quanto riguardava le forme di spettacolo.
La rivista, la danza, il mimo, il circo equestre e acrobatico e di lì a poco molti di quegli stessi artisti sarebbero passati al neonato cinema.
A lato degli spettacoli circensi esistevano i sideshow o freakshow, esibizioni di fenomeni umani che potevano essere reali, provocati o contraffatti.
L’uomo forzuto, la donna barbuta, il nano, l’uomo più tatuato.
Gli odierni Guinness dei Primati o Lo Show dei Record non sono fenomeni nuovi.
Nuovi sono i supporti su cui si presentano, ma la spettacolarizzazione di un certo tipo di straordinarietà esiste tutt’ora.
Sfogliando le pagine di questo album non si fa mai riferimento direttamente al mondo del circo o dei sideshow, se non fosse che un paio di fotografie di membri della famiglia ci fanno ben credere che qualcuno amasse far della propria particolarità una forma di spettacolo.
Ciò che vediamo quando leggiamo L’incredibile famiglia appenzel
Mentre sfogliavo questo libro splendido che in me risuona proprio a causa delle suggestioni citate, ho pensato a un altro libro.
Si intitola Ciò che vediamo quando leggiamo ed è un curioso saggio che permette di ragionare in modo metacognitivo sul rapporto che in lettore ha con la pagina scritta mentre la legge.
I personaggi sono codici da decifrare. Ed è l’omissione a rendere più ricche le narrazioni.
Quando si legge, è inevitabile dare forma e immagine alle descrizioni che leggiamo, salvo poi doverci ricredere se l’autore ci dona una descrizione affatto distante da quella che ci eravamo pre-figurati.
L’incredibile famiglia Appenzel lascia moltissimi spazi da riempire.
Ma allo stesso tempo mostra moltissimo di ciò che mai viene direttamente menzionato.
Di fatto la storia della famiglia viene rievocata dall’ultima discendente, che ci mostra e racconta le vicende dal suo punto di vista solo attraverso delle fotografie.
Quello che è avvenuto nelle loro vite, le dinamiche, i sentimenti, sono tutte cose che noi immaginiamo e dalle parole e dalle immagini.
Fotografie e parole procedono sue due binari paralleli molto distanti, i fili li uniamo noi attraverso la nostra capacità metacognitiva.
Cosa esce da quella pagina?
Che forma prendono i personaggi?
E’ un fenomeno particolare quello che accade all’immaginazione mentre si legge qualcosa che è già illustrato, che ha una forma che non lascia spazio ad una sembianza diversa.
Dice Mandelsund che quando si legge
il mondo che mi è di fronte e il mondo che è al mio “interno” non sono semplicemente vicini, am si sovrappongono, si accavallano.
Il libro sembra essere il punto di intersezione tra questi due mondi, o anche un canale, un ponte, un passaggio tra i due.
Un libro come L’incredibile famiglia Appenzel mette in moto un altro movimento ancora, aggiunge un mondo ad un altro mondo ancora.
C’è il mio mondo interiore, c’è il mondo evocato dal racconto e c’è il mondo che ha un’immagine che ci trasporta in un altro mondo ancora.
Un gioco di specchi che ci suggerisce suggestioni, mette in moto il desiderio di capire, immaginare, apprendere.
E approfondire fenomeni sociali e culturali distanti da noi ma ancora ricchi di fascino.
L’incredibile Famiglia Appenzell, S.Perez-S.Lacombe,
Traduzione di
Rizzoli
Ciò che vediamo quando leggiamo, P.Mendelsund
Traduzione di Maria Teresa De Palma
Corraini
Un modo molto poetico di rappresentare circo e diversità era stato sondato dal cortometraggio The Butterfly Circus.
Ne avevo parlato parecchi anni fa quando ero una studiosa di storia del circo (qui la testimonianza).
Stavo cercando informazioni per scrivere la mia recensione e mi sono imbattuta in qualcuno che ha scritto esattamente quello che volevo scrivere io, ma lo fa molto meglio. Ora mi sentirò in difetto.
Articolo bellissimo