Gennaio nel mondo delle bibliografie tematiche vuol dire libri per ragazzi sulla guerra, in particolare sul Giorno della memoria.
Come sempre, invito i lettori adulti, a guardare oltre al seminato del tema.
Quello che la buona letteratura per ragazzi favorisce è quel qualcosa di molto simile a ciò che i greci chiamavano catarsi.
Attraverso la buona letteratura per ragazzi è possibile esplorare la vastità dello spettro dei vissuti e delle emozioni umane senza per questo averle direttamente esperite nella vita vera.
Parola di Aidan Chambers, non solo scrittore ma importante promotore alla lettura.
nessuno si può cimentare direttamente con la gamma completa delle possibili esperienze umane, nemmeno con quelle che riteniamo più significative.
[…]
attraverso la letteratura possiamo fare esperienza diretta della vita in epoche diverse […] abbattendo tutte le barriere spazio-temporali che ci separano da quelle esperienze.
Siamo quello che leggiamo, Aidan Chambers, Equilibri
Quando si parla di guerra nei libri per ragazzi, come per qualsiasi altro “tema”, è molto facile scadere nel didascalico, nel retorico e nel paternalistico.
Tre categorie che uccidono la buona letteratura..
Come per qualsiasi argomento di cui parlare con bambini e ragazzi, esistono libri e albi illustrati che possono essere di supporto.
Ma è necessario saper scegliere bene i libri giusti.
e poi bisogna saperli veicolare.
Quando si parla di libri per ragazzi sulla guerra e sulla shoah, ci si rende conto di come la complessità del male possa avere così tante sfumature narrative.
Con Erjola Jaho abbiamo pensato di aiutarvi nel primo passo, cioè nella scelta di libri.
Qui è dove potete trovare il nostro pensiero in merito, esposto in un lungo video di approfondimento.
le linee guida per scegliere i Libri per ragazzi sulla guerra E SULL’OLOCAUSTO
Con libri giusti non intendiamo solamente quelli che per noi sono validi rappresentanti della letteratura, per adulti e ragazzi.
Intendiamo anche la saggistica, perché sull’argomento guerra esistono anche saggi per ragazzi, senza dimenticare i capisaldi della letteratura, senza età.
Oltre a tutta una serie di risorse aggiuntive e multimediali: documentazioni online, cortometraggi, film, interviste.
Per questo motivo insieme ad Erjola abbiamo stilato una serie di linee guida per approcciarsi all’argomento Guerra e Giorno della Memoria da spiegare ai ragazzi.
Sette linee guida, rivolte agli insegnanti, che toccano argomenti come il perché spiegare l’Olocausto, il rispetto delle età, la creazione di microlezioni, la scelta di albi illustrati e libri e la crossmedialità.
scarica qui
le linee Linee guida per l’educazione sull’Olocaustoguida per l’educazione sull’Olocausto
a cura di Erjola Jaha e mia.
Un materiale rivolto principalmente a insegnanti di ogni ordine, grado e materia.
Attenzione: un materiale che sarà in continua evoluzione, grazie ai nuovi contributi e ai continui spunti che nasceranno dal confronto e dall’applicazione sul campo.
Di erjola vi suggerisco anche questi articoli di approfondimento sulla guerra e sulla memoria, mentre io ho parlato di memoria qui.
Cinque libri per ragazzi sulla guerra che voglio approfondire
In questo articolo però mi voglio focalizzare su cinque titoli in particolare che ritengo esemplificativi.
Cinque esempi di come viene trattata la guerra nei libri per ragazzi, in tempi, contesti e per tipi di pubblico molto diversi tra loro.
In questi cinque libri troverete:
- Il rapporto dell’individuo con la guerra
- Come cambiano gli individui rispetto a sé stessi e agli altri in un contesto di guerra
- La riflessione sugli uomini di uno specifico tempo storico e la comprensione sul perché di certe azioni/reazioni
- Chi sono gli adulti che un tempo hanno vissuto la guerra
Cinque libri ambientati in epoche storiche diverse, vicine tra loro, che dialogano con fatti capitali del XX secolo.
Prospettive diversissime che convergono nel medesimo punto di fuga.
cinque libri per ragazzi sulla guerra
Capitano Rosalie, T. De Fombelle, illustrazioni di Isabelle Arsenault, Mondadori
Ambientato durante la prima guerra mondiale, Capitano Rosalie ha per protagonista una bimba di cinque anni e mezzo.
La sua vita conosce già obblighi e doveri imposti dal clima bellico: il padre in trincea e la madre al lavoro e che, non potendosi occupare di lei, la lascia a scuola.
Ma Rosalie è troppo piccola per andare a scuola quindi, mentre gli altri apprendono, lei se ne sta seduta dietro, su una panca, zitta e buona.
Questo contesto cozza con le lapidarie affermazioni di Rosalie, piccola ma determinata.
SONO IL CAPITANO ROSALIE, INFILTRATA IN QUESTO PLOTONE, IN UNA MATTINA D’AUTUNNO DEL 1917. SO COSA DEVO FARE. UN GIORNO RICEVERÒ UNA MEDAGLIA PER QUESTO. LA SENTO GIÀ CHE BRILLA DENTRO DI ME.
Qui farò lo SPOILER (in realtà già qui ho parlato di Capitano Rosalie).
Rosalie ha una missione: quando il papà spedisce le lettere a casa, Rosalie si rende conto di come gli occhi della mamma cambino.
Eppure le parole che usa sono gioiose.
Non crede a questa farsa e la sua missione è quella di imparare a leggere per scoprire la verità della guerra.
Ce la farà e avrà la sua medaglia, seppur in un modo inaspettato.
La guerra di Rosalie è sì un contesto storico che determina il suo status e la sua quotidianità.
Ma per lei è anche una lotta da combattere con il mondo adulto.
Che è quello dove poi si disputano tutte le altre guerre.
Un mondo adulto che esclude i bambini dalla comprensione delle cose così come stanno.
La guerra non si può edulcorare, ma la si può raccontare con diverse sfumature, utilizzando metafore o restando nel vero.
Il mondo adulti fa una guerra mondiale che coinvolge tutti, vecchi e bambini, ma che a questi ultimi non spiega nulla.
Rosalie capisce benissimo, come tutti i bambini, che gli adulti non le dicono la verità: al fronte papà sta malissimo, le cose vanno male, il male lo ha negli occhi.
Lo scrive alla moglie ma entrambi, a distanza, sono d’accordo nel non fare arrivare le sofferenze a Rosalie.
Ed è così che Rosalie inizia la sua missione.
Imparare a leggere e avere per sè la sua verità.
In Capitano Rosalie abbiamo la Prima Guerra Mondiale come contesto storico; una protagonista bambina e una narrazione che procede per rivelazione e che porta con sé tematiche importanti che non conoscono limite di età.
Capitano Rosalie, formalmente, si nasce come racconto breve rivolto alla fascia di età 8-10 anni.
Io lo consiglio anche dopo e allo stesso pubblico che leggerebbe Una bambina e basta di Lia Levi o La vita davanti a sé di Romain Gary.
La verità e la menzogna della guerra, il rapporto degli adulti con i bambini nei contesti di guerra, il proprio ideale cui aggrapparsi sono solo alcuni dei più solidi temi di questo splendido libro.
a chi appartengono le nuvole, M.Brassard-G.Dubois, Orecchio Acerbo
Una novità freschissima di gennaio 2022 che sono certa diventerà un piccolo classico.
SI tratta di un libro illustrato che tocca il tema della guerra e della fuga raccontato dal punto di vista di una bambina.
Stilisticamente viene spontaneo pensare alle bande dessinè francesi e, in certi tratti, a Little Nemo.
I toni sono tra l’antracite e il seppia, inframmezzati da pochi azzurro cielo e alcuni punti di rosso in momenti salienti della narrazione.
La bambina che narra oggi è una donna adulta che ricorda la sua infanzia: il tema del ricordo della guerra e della vita in tempo di guerra si mescola a fantasie e a memorie nebulose, dove il confine tra sogno e realtà si fa labile.
lo prova il fatto che quando ne parlo con la mia famiglia, abbiamo ricordi così diversi della strada fatta insieme che è un miracolo essere finiti nello stesso paese, nella stessa città, nella stessa casa.
Mila racconta quindi del sogno della fila, che sogno non è.
Della paura dei soldati che parlano la lingua dei cani e di quello zio che conosceva la verità, che ha sfidato tutti con il riso e di cui nessuno ha più saputo nulla.
In quello zio non è difficile vedere i rimandi a un Charlie Chaplin che si fa beffe di Hitler.
Sebbene alcuni riferimenti nei volti, nei vestiti e nelle divise lasci intendere che stiamo parlando della Seconda Guerra Mondiale, non ci sono precisi riferimenti storici.
Ciò rende questo libro perfetto per parlare di fuga dalla guerra in senso ampio.
Ultimo ma non meno importante è il linguaggio utilizzato per descrivere
I temi di questo libro illustrato sono numerosi, solo per citarne alcuni: la coscienza della guerra e di riflesso la chiusura dell’individuo nel suo mondo (Mila è sempre stanca, dorme e sogna, e questo è un modo di reagire a un trauma); la speranza di un luogo altro dove respirare; la risata e la parodia come sfida alla politica dominante; l’individuo adulto e il suo rapporto con il trauma di guerra.
Ribelli in fuga, Tommaso Percivale, Einaudi Ragazzi
Ventennio fascista, prima che scoppi la Seconda Guerra Mondiale.
Nei piccoli centri urbani, i gruppi associativi sono obbligati a sciogliersi per rientrare nell’Opera Balilla.
Soprattutto i gruppi come gli Scout, che annoverano i giovani in formazione e insegnano un certo tipo di valori, rispetto e libertà.
I protagonisti di Ribelli in fuga, ragazzi di età diverse tutti appartenenti al gruppo degli Scout, reagiscono a questa notizia in modo diverso.
C’è chi lascia la divisa per la camicia nera.
Chi accetta inevitabilmente (suo padre è il Potestà) e chi si oppone con tutte le sue forze, chi rimane in disparte a osservare.
E c’è decide di lasciare tutto e vivere nei boschi dandosi alla macchia.
La vicenda inizia nel 1928, ma le conseguenze delle scelte di alcuni ragazzi, di quei ribelli in fuga, le leggeremo solo verso la fine del secondo conflitto mondiale.
La storia di Ribelli in fuga si rifà a un episodio realmente accaduto, i cui protagonisti di chiamavano Aquile Randagie.
In questo romanzo i prodromi della guerra sono le decisioni stabilite dal Fascismo.
Ciò che è interessante notare sono le varietà di reazioni che una regola scatena.
Sono spesso reazioni di pancia, che rispondono al bisogno di vedere riconosciuta l’ingiustizia: che male fa un gruppo scout? Perché non possiamo continuare ad andare nel bosco e sui monti ad allenarci?
Ma a questa istintiva (e giovane) reazione di pancia si accompagnano prese di coscienza e riflessioni sempre più profonde che, allo scoppio della guerra, determineranno da che parte stare.
Libro nato per un pubblico dagli 11 anni dipinge un aspetto diverso della guerra: non racconta direttamente la trincea o i campi di battaglia ma le ripercussioni sulla vita quotidiana.
Heimat, Nora Krug, Einaudi
Non è un libro per ragazzi, ma io lo darei da leggere tranquillamente già alle medie.
Di Heimat di Nora Krug avevo parlato in questo articolo, prima che venisse pubblicato in italiano.
E’ una graphic novel che riflette a posteriori sugli eventi dell’Olocausto.
O meglio: sulla colpa portata dal popolo che ha lasciato attecchire il seme del nazismo ma che è composto da una generazione che la guerra non l’ha direttamente vissuta.
Perché questo è accaduto davvero: la generazione di tedeschi nata dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale ha dovuto fare i conti con il proprio recente passato.
Un passato di colpevolezza.
Per i tedeschi di quella generazione fare i conti con il concetto di Patria (Heimat) voleva dire fare i conti con la colpa.
Nora Krug si avvia, attraverso definizioni di parole, lettere e fotografie di famiglia, allo scandaglio del passato della propria famiglia.
Per capire meglio chi erano quei tedeschi che hanno reso possibile quella colpa di cui lei porta il peso.
E scoprendo così che il male non ha un volto, non ha una data di nascita, ma si compone di tante piccole azioni, volontarie o involontarie che tutto sommate fanno la storia.
L’onda, Strasser, Rizzoli
Abbiamo qui una variante sul tema di Heimat.
Siamo però negli Stati Uniti, in tempi recenti.
Un professore di storia racconta l’Olocausto ai suoi studenti che non riescono a capacitarsi di come sia stato possibile che tutto quello potesse essere accaduto davanti a persone che non hanno mai preso posizione.
Il professore conosce bene la complessità di cui si sta parlando, sa che nulla è solo bianco o nero, a meno che non lo si guardi a posteriori, da lontano.
Decide così di spiegare l’avvento del nazismo e i sentimenti che esso suscitava attraverso un esperimento.
Crea così un movimento interno alla classe chiamato L’Onda: un insieme di gesti, parole, modalità di atteggiamento condivise tra pochi che però permette di sentire un senso di appartenenza e di…potere.
Un esperimento che rischia di sfuggire di mano ma che meglio di qualsiasi libro di storia permette di comprendere quanto lo spirito critico sia fondamentale.