Dopo la lettura de L’uomo illustrato, mi è presa la bradburite acuta, e ho proseguito con L’estate incantata.
L’estate incantata è un libro di Ray Bradbury intriso di una profonda dimensione emotiva.
Manca qui la cifra stilistica fantascientifica/distopica che caratterizza il grosso della produzione dell’autore americano.
Consiglio questo articolo di approfondimento de Il Libraio in occasione dei 100 anni dalla morte di Ray Bradbury. Qui.
L’estate incantata è stato pubblicato nel 1957, ha una forma di romanzo ma in realtà ogni capitolo è un quadro a sé stante.
Assomiglia quindi a una raccolta di racconti tenuta insieme dalla figura di Douglas.
Ognuno di questi racconti rappresenta un pezzetto di vita di diversi abitanti dell’immaginaria cittadina di Green Town, Illinois, durante l’estate del 1928.
A fare da filo conduttore dei racconti che compongono L’estate incantata è la figura del dodicenne Douglas.
La sua percezione dell’estate e della sua portata di scoperta, mistero, coscienza e consapevolezza, è lo sguardo attraverso cui leggiamo il romanzo.
Ancora una volta emerge chiaro come lo sguardo di Bradbury sia in grado di cogliere tutto quel sottobosco emotivo proprio di infanzia e adolescenza.
E sicuramente, più che in altri libri dove Bradbury utilizza la fantasia per immaginare il futuro, qui guarda al passato.
Green Town è una cittadina immaginaria del tutto simile a Waukegan, la cittadina dell’Illinois in cui Bradbury ha trascorso l’infanzia.
L’infanzia e l’estate sono le due colonne portanti di L’estate incantata.
I due confini all’interno dei quali, in un preciso momento della vita, si vede il mondo in un modo diverso.
Ray Bradbury è bravissimo nell’avventurarsi in quel particolare momento di transizione che si colloca a ridosso dei 12 anni.
Non lo dico io, ma moltissima letteratura per l’infanzia vive i dodici anni come un terreno di iniziazione e di passaggio.
Un territorio così affascinante e misterioso da esplorare che ci ha donato tante perle della letteratura, non solo per ragazzi.
Basti pensare a Stephen King, ai ragazzi di The Body o alla Banda dei perdenti di It.
Ho già affrontato il tema dell’Altrove vissuto durante quella linea di confine rappresentata dalla sospensione e dalla magia dell’estate.
Lo trovate qui sotto.
Credo che a rappresentare quell’Altrove, con la sua silenziosa ma dirompente portata di consapevolezza, non esistano romanzi migliori dei due citati Stephen King e di L’estate incantata di Ray Bradbury.
era una mattina tranquilla e la città era ancora avvolta nel buio, infilata a letto. Il tempo diceva che era estate: il vento aveva quel certo tocco e il respiro del mondo era lungo, caldo e lento.
Bastava alzarsi e sporgersi dalla finestra per sapere che questo era il primo giorno di libertà e di vita, il primo mattino d’estate.
Inizia così L’estate incantata, e inizia così l’estate del 1928, quella dei dodici anni di Douglas Spaulding.
Il romanzo inizia qui il 21 giugno e termina allo stesso modo, a metà settembre, quando il sonno “mise fine all’estate 1928.
Douglas Spaulding compie un passo in più e per la prima volta in vita sua inizia ad avere consapevolezza.
Ecco che cosa vive, scopre, teme, fa suo Douglas Spaulding durante la sua estate incantata
Consapevolezza di essere vivo, coscienza di ciò che è l’estate.
Per la prima volta vede nei gesti dei nonni la ritualità che sancisce l’inizio della stagione.
Registra la ritualità dei gesti. Realizza un quaderno dove si segna ciò che ogni estate si ripete e ciò che invece viene fatto con la piena coscienza della prima volta
“ti rendi conto che ogni estate facciamo e rifacciamo un mucchio di cose che abbiamo già fatto l’estate scorsa […] ogni anno le stesse cose , mai un cambiamento, mai una differenza. e questo riempie metà della nostra estate”
l’altra metà consiste di cose che facciamo per la prima volta […] come scoprire che il nonno e il papà non sanno tutto quello che c’è da sapere al mondo”
[…] La novità sta nel fatto di pensarci, di notarlo
Douglas inizia a pensare a ciò che fa, a pensare a ciò che sente, a pensare a ciò che pensa.
Scopre di essere vivo, che gli adulti sono fallibili, che ci sono cose che fanno paura anche quando si cresce.
Che non smettono mai di fare paura, ma che si possono controllare.
Scopre che i mostri esistono, anche nelle piccole cittadine dove sembra non succedere mai nulla.
Scopre che l’amore a volte tira dei brutti scherzi e fa incontrare le persone ai lati opposti della vita.
Scopre che la vita è anche solitudine.
la constatazione che la vita è solitudine schiacciò i suo corpo, che cominciò a tremare […]
in momenti simili il problema è sempre individuale, ed esige soluzioni individuali. Tom doveva accettare di essere solo e procedere da quel punto.
Scopre che esistono le macchine del tempo: hanno l’aspetto di un vecchio uomo che non ha più nulla se non i suoi ricordi e la voglia di raccontarli.
Scopre che gli amici se ne vanno e che gli addii non possono mai essere addolciti (questo a pagina 118 è forse il racconto più toccante di L’estate incantata, un racconto che è come un mulinello di vento estivo che avvolge il cuore e fa rabbrividire).
“Dio, te ne vai! Abbiamo un milione di cose da dirci. Tutte le cose di cui avremmo parlato il mese prossimo e quello dopo! Mantidi religiose, zeppelin, acrobati, mangiatori di spade…Parlami di queste cose, parla come se fossi ancora là, raccontami delle cavallette che masticano tabacco”.
“Ti sembrerà strano, ma non mi va”
Scopre che i tram possono smettere di funzionare, ma che i binari morti sono ancora lì per portarci su strade mai percorse.
E scopre che la saggezza più grande, può stare nelle piccole cose.
Una notte di sonno, un bel pianto o un bicchiere di gelato al cioccolato sono un’ottima medicina. Tutti e tre insieme, poi, fanno meraviglie.
Nel turbinio di personaggi che circondano Douglas leggiamo la meraviglia delle storie, le fissazioni delle persone, il rapporto dell’uomo con la vita, la morte, il ricordo.
Nel vivere c’è anche magia, mistero, desiderio di guardare verso il cielo e immaginare un orizzonte (im)possibile.
L’estate incantata di Ray Bradbury contiene riflessioni profonde e storie magiche, necessità di credere e consapevolezza di crescere.
E per questo ritengo che sia un ottimo libro da fare leggere a scuola, durante l’estate, a partire dai 12 anni.
L’estate incantata o Dandelion Wine
Il titolo originale de L’estate incantata è Dandelion Wine.
Il vino di dente di leone è un preparato alcolico che la famiglia di Douglas imbottiglia ogni estate, lasciandolo a decantare per aprirlo in inverno, quando l’estate è un ricordo lontano, quasi impossibile.
La pratica di fare conserve è tutta estiva.
Vi è mai capitato, mentre fate la passata di pomodoro, le melanzane sott’olio o la marmellata di fragole, quando state per avvitare il barattolo, di pensare “cosa sto imbottigliando di me in questo momento?”.
A me capita spesso, e leggere questo passaggio ha messo in atto il potere più alto della letteratura: il farci sentire parte di qualcosa.
Vino di dente di leone.
Parole che significavano estate. Il vino era l’estate catturata e messa in bottiglia.E adesso che Douglas sapeva di essere veramente vivo, e si muoveva fra le cose del mondo per vederle e toccarle tutte, pareva appropriato che un po’ di quella nuova coscienza, di quel giorno di vendemmia così speciale venisse conservato e tappato in cantina, per essere aperto magari in gennaio, durante una nevicata, quando il sole fosse dimenticato da settimane oppure mesi, e il miracolo della coscienza avesse bisogno di una rinfrescatina.
E’ questo che Douglas Spaulding impara più di tutto.
Che il tempo passa.
E che diventare adulti vuol dire rendersene conto.
Fare caso al ricordo, alla ripetizione, evocarla se necessario per mantenerla vivo.
L’estate incantata è un raggio di sole sulla vita di ciascuno.
L’estate incantata
Ray Bradbury
traduzione di Giuseppe Lippi
Edizioni Oscar Mondadori