Piccolo in città appartiene a quella schiera di albi illustrati che mi hanno fatto innamorare della letteratura per ragazzi.
E’ uscito nel 2020 e si compone sia di tavole illustrate che di parole.
Le tavole occupano tutta la pagina, ma a volte assomigliando una silenziosa graphic novel, altre volte si assemblano raccontando quello che un bambino vede in mezzo alla roboante città.
Piccolo in città è una meraviglia che si svela pezzo a pezzo, un puzzle di istantanee che prende forma solo una volta arrivati alla fine.
Piccolo in città è la storia di un bambino che guarda alla metropoli e che sa benissimo come ci si possa sentire sperduti, sopraffatti, invisibili quando si è piccoli e soli in posti così grandi.
la gente non ti vede
e i rumori sono forti
possono
spaventarti,
e sapere cosa fare
a volte
è difficile.
Il protagonosta esprime tutta la sua comprensione, consapevolezza ed empatia nello sguardo che ha nel guardare alla grande città.
Ma a un certo punto ci rendiamo conto che quell’empatia non la sta provando in generale, ma verso qualcuno in particolare.
Tutto a un tratto si rivolge a un “tu”.
Ma io ti conosco.
Ce la farai.
Se vuoi,
posso darti qualche consiglio
E quindi si fa forte e si affida alla sua esperienza per aiutare qualcun altro.
Anche se è piccolo, anche se può essere sopraffatto, sa che può aiutare qualcuno.
E quindi suggerisce che le vie secondarie possono essere più gradevoli, ma non devono essere troppo appartate.
Svela anche qualche segreto: il cortile con i cani pericolosi, lo sfiatatoio dove riscaldarsi, il pescivendolo generoso…
Man mano che si procede nella lettura si è spinti a interrogarsi.
Se all’inizio sembrava che il bambino parlasse di sé, poi capiamo che si rivolge a qualcun altro e ci interroghiamo sull’identità di questo qualcuno.
La rivelazione arriva a 2/3 dell’albo quando vediamo il bambino appendere un cartello con la foto del suo gatto con la scritta “Perso”.
All’improvviso tutto acquista un senso diverso.
Torniamo indietro alle precedenti pagine e stavolta, immedesimandoci in un gattino perso in una grande città, comprendiamo la profonda empatia di quel bambino che pensa proprio a tutto.
Se ti senti solo, impaurito, in un luogo grande, rumoroso, dove nessuno ti vede e pieno di pericoli, cerca quello che ti fa stare bene:
– Un posto tranquillo
– Qualche gesto gentile
– Un po’ di calore
– Qualcuno che suona la musica
E soprattutto non dimenticare mai che puoi farcela e che non sei solo.
Il bambino, solo come solo è il suo amico peloso, ha affrontato la grande città per cercare qualcuno che gli è caro.
Ha sfidato le stesse cose dalle quali ha messo in guardia il micio.
E poi è tornato a casa, dove ad attenderlo c’è la mamma.
Non è solo, neanche lui.
E sulla neve vediamo qualche impronta di zampa…
Piccolo in città, come i migliori albi illustrati, si apre a numerose interpretazioni e livelli di lettura.
Perché se è vero che nel soggetto abbiamo un bimbo che va alla ricerca del suo animale perduto, nelle immagini e nelle parole possiamo legere molto di più.
Il punto di vista
Quello del bambino è molto diverso da quello adulto: le prime pagine e le prime righe ci raccontano di una città che corre, una città che ha la visuale di un adulto, che è aggressiva e che non si ferma sulle piccole cose, il cui baccano rimbomba nella testa e nel cuore e atterrisce.
Il bambino però va oltre questa superficie spaventosa ed è passando davanti ad una superficie a specchi, che restituisce la sua immagine frammentata, che il bambino sa che il suo piccolo amico piò farcela.
Il bambino con i suoi consigli dimostra di saper andare oltre e di saper vedere più in là: vede il silenzio, vede i pericoli nascosti ma vede anche la bellezza e la gentilezza nelle pieghe di tutto il resto.
La fotografia
Il racconto di questo libro potrebbe essere tranquillamente affidato alle sole immagini.
Se dovessi cambiarne il supporto, lo trasformerei in un album fotografico, perchè le illustrazioni sono davvero delle fotografie.
Le prime quattro ci mostrano il profilo del bambino che guarda fuori da un finestrino, forse appannato, forse sporco.
Nella quinta immagine lo vediamo stando fuori dall’autobus, vediamo la sua espressione assorta e preoccupata.
E poi lo seguiamo in mezzo alla città e nella splendida sequenza tra pagina 7 e 8 vediamo tutte le istantanee di una città che fa paura.
Se le narrazione fosse positiva, questo potrebbe essere l’inizio di Manhattan di Woody Allen, con la sequenza sulle note di Gerschwin.
Le immagini si fanno meno serrate quando il bambino inizia a dare i suoi consigli e lasciarsi alle spalle paura e rumore.
L’empatia
Piccolo in città muove le emozioni.
Ci sono paura e sopraffazione, descritti come solo chi sa cosa vuol dire essere smarriti in qualcosa di più grande di noi che non conosciamo.
C’è risolutezza nell’andare oltre le proprie paure.
Una risolutezza che veste i panni dell’amore per qualcuno che fa sì che si attraversi la paura per trasmettere il messaggio più importante di questo libro: qualunque cosa accada, non sei solo. E puoi farcela.
Piccolo in città appartiene alla schiera di albi illustrati che, a seconda dell’età del lettore, trasmette qualcosa.
Dona suspense al giovane lettore che può provare a immedesimarsi.
Apre gli occhi all’adulto che non si ferma mai a guardare in basso, che non fissa mai la propria immagine riflessa nella superificie riflettente della città che attraversa.
Scalda il cuore di chi si sente solo e incerto, in qualunque momento della sua vita.
Proposta didattica (senza limite di età)
Sarà perchè la mia (de)formazione professionale, sarà che trovo le suggestioni visive davvero forti, ma non posso fare a meno di pensare a Piccolo in città come un albo illustrato da prestare alla fotografia.
Esercizio: attraversa la città e realizza delle sequenze fotografiche che trasmettano come realmente ti senti.
La valenza non sta solo nella singola immagine, ma come si compone insieme alle altre.
La vera differenza la fa il sentimento che ci si porta dentro che si trasmette attraverso le immagini.
Piccolo in città,
Sidney Smith
Orecchio Acerbo
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